INTRODUZIONE
Eco era una ninfa che, a un certo punto della sua vita, attirò su di sé le ire della dea Era, moglie di Zeus. Forse il padre degli dèi e la ninfa si erano scambiati parole troppo dolci; o forse lei aveva coperto, con un falso giuramento, qualche avventura amorosa di lui: non abbiamo notizie sufficientemente chiare, al riguardo. Di sicuro, però, la causa di tanta ira aveva a che fare con la parola perché proprio in questo ambito la dea inflisse la sua punizione: Eco non avrebbe più potuto parlare con chi amava, ma solo ripetere le ultime sillabe delle parole che le rivolgevano. Come l’eco, appunto.
Forse, a un primo esame della situazione penserai che esistono maledizioni anche più terribili di questa. Se però ti sarai fermato a rifletterci meglio, ti accorgerai che non potere dialogare e “non avere le parole per dirlo” può essere qualcosa di orrendo. Così alla ninfa – recita il mito – qualcosa si spezzò dentro e alla fine il suo corpo svanì mentre rimasero soltanto, nell’aria, quei monosillabi privi di senso: «bo… ma… se …».
La storia di Eco viaggia nel tempo e si ripete sempre uguale a se stessa.
MITO_RELOADED
Il dj e la ballerina
Milano, 2021 d.C.
Mi chiamo Eco. Pochi anni fa ero una ballerina di fila nel corpo di ballo della Scala, ma prendevo parte anche ad eventi organizzati dalle discoteche più famose. Durante una di quelle serate, un dj mi chiese di accompagnare le sue musiche con la mia danza: lui era molto bello e gli dissi di sì. Aggiunse anche:
«Se vuoi, prendi un microfono e fai finta di cantare.»
Così ballai per tutta la notte fingendomi la vocalist di quelle musiche e fu un successo incredibile, che ci permise di firmare contratti con le discoteche di tutta Europa. Allora Narkyssos – così si chiamava il dj – ed io preparammo le valigie ridendo e facendo progetti per il futuro.
Sembrerebbe il classico incontro fortunato, non è vero?
Fra viaggi, prove e spettacoli trascorrevamo molto tempo insieme e la nostra intesa cresceva. Così non mi stupii quando, un giorno, alzandomi e aprendo la finestra del nostro hotel, riconobbi nell’aria i segni del vento di catastrofe che riportava su di me la maledizione. E, puntualmente, la catastrofe arrivò. Mi innamorai di Narkyssos, follemente. E da quel momento non fui più la stessa Eco: iniziai a balbettare e a incespicare nella lingua ogni volta che ero con lui. Finiva l’incanto, insomma, e ricominciava la maledizione. Finché, come sempre, mi rimasero solo quelle maledette risposte a monosillabi da opporre alle sue frasi:
«Va tutto bene?»
«Bene-bene»
«Allora andiamo in scena così?»
«Così-così».
Non potevamo continuare molto a lungo. E difatti un giorno lui entrò nel mio camerino con uno sguardo che mi fece paura:
«Vicino a te anch’io mi confondo, Eco, e non mi sento più io, non mi sento più Narkyssos.»
Non seppi far altro che restare lì, fra le lacrime, a balbettare:
«… sos… sos… sos …»
Persi ogni fiducia in me stessa e nelle mie capacità. Sparii dal giro e mi chiusi nel mio mutismo al punto che mi credettero morta. Ma Eco non può morire! La mia maledizione si rigenera e io rinasco con lei. E tutto si ripete come avvenne la prima volta.
Adatt. da Luca Soverini, La ragazza che divenne pesce, Mursia Scuola

*Crediti immagine di copertina
Sonia Costantini, NB15-14 Foresta Sonora, 2015