Per noi europei l’antica Grecia è la patria della mitologia. Figuriamoci se non c’è un mito che racconta anche la nascita dei Giochi Olimpici! E infatti ce ne sono molti, qui ve ne raccontiamo un paio. Iniziamo con il primo che ha come protagonisti Enomao, il re di una polis della regione greca dell’Elide chiamata Pisa (NO! la città in Toscana, non c’entra: non esisteva ancora…) e Pelope, il figlio del re Tantalo.
Enomao e Pelope
Enomao, re di Pisa, aveva una figlia in età da marito, chiamata Ippodamia. Peccato però che un oracolo avesse predetto a Enomao la sua morte: il re sarebbe stato ucciso dal marito di sua figlia.
Quindi capite bene perché Enomao non fosse per niente felice all’idea che sua figlia si sposasse. Ma Ippodamia era la figlia di un re e per di più era bellissima (avete mai sentito parlare di una figlia di un re brutta? no vero?) e quindi, come era prevedibile, aveva un sacco di pretendenti.
Per cercare di liberarsene Enomao aveva escogitato uno stratagemma: il re avrebbe sfidato ogni pretendente in una gara con i carri trainati da cavalli nel tragitto tra Pisa e Corinto. Se il pretendente fosse arrivato primo avrebbe sposato Ippodamia, se invece avesse vinto il re, il pretendente sarebbe stato ucciso.
Peccato però che la gara fosse truccata: il carro di Enomao infatti era trainato da cavalli divini che gli erano stati regalati dal figlio del Sole. Grazie a questi cavalli il vincitore era sempre Enomao.
Dopo la sconfitta e quindi la morte di almeno una decina di pretendenti, un giorno si presentò Pelope, figlio del re Tantalo.
Pelope era sicurissimo di vincere perché il suo carro era trainato da cavalli alati, dono del dio Poseidone. Quando però arrivò al palazzo di Enomao e seppe quanti pretendenti erano morti prima di lui, capì che forse i cavalli alati non sarebbero bastati e si decise a fare qualcosa di più. Andò da Mirtilo, l’auriga che guidava il carro di Enomao, e provò a corromperlo: se lui avesse manomesso il carro avrebbe ricevuto una ricompensa. Fu così che, poco prima della gara, Mirtilo sostituì i perni in legno su cui giravano le ruote del carro con perni in cera.
La gara iniziò. Mirtilo incitava i cavalli divini ed Enomao, in piedi dietro il suo auriga, rideva soddisfatto: era sicuro di vincere anche questa volta. I cavalli alati del carro di Pelope correvano a perdifiato e stavano per sopravanzare il carro del re quando i perni di cera cominciarono lentamente a sciogliersi, le ruote si staccarono, il carro si sfasciò ed Enomao, cadendo, perse la vita.
Pelope riuscì quindi a vincere la gara ed era pronto a sposare la bella Ippodamia. C’è però ancora un problemino: Pelope non voleva dare alcuna ricompensa a Mirtilo e non voleva nemmeno che si sapesse in giro che aveva vinto in modo disonesto. Decise quindi di liberarsi di Mirtilo; con un inganno lo attirò su una scogliera e lo gettò in mare. Mentre stava precipitando, però Mirtilo riuscì a trovare il fiato per maledire, anzi per stramaledire il suo assassino.
A quel punto a Pelope, per sfuggire alla maledizione, non rimase altro che ingraziarsi Zeus; decise così di organizzare in suo onore dei giochi speciali, quelli che sarebbero poi diventati i Giochi Olimpici.
