MITI – Pan, Syrinx e l’invenzione del flauto (parte 3)

RIASSUNTO DELLE PUNTATE PRECEDENTI

 In un caldo pomeriggio estivo, l’ispettore Nestor e il suo assistente Sirio fanno conoscenza con le ninfe che chiedono loro aiuto per ritrovare Syrinx, scomparsa da giorni.

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8 Strane impronte

Lì per lì non avevo fatto caso alle impronte che, ormai da qualche centinaio di metri, apparivano vicine a quelle dei piedini di Syrinx. Si trattava di orme di ungulati, che potevano essere appartenute a qualsiasi capretto o daino passato da quelle parti prima o dopo Syrinx – e dunque senza relazione con lei e la sua scomparsa. Mi insospettiva però il fatto che per un lungo tratto di strada vedevo le une intrecciate alle altre:
«Proprio come se fosse inseguita…»
C’era poi un altro dato tutt’altro che rassicurante. Quando avevo detto a Sirio: «Fiuta meglio qui!», lui s’era tirato indietro piagnucolando, con la coda fra le gambe. Aveva paura! «Beh, che cosa ci sarà mai», gli dissi e mi misi a esaminare ancora meglio le impronte. Fu allora che mi accorsi (con terrore) di due dettagli che mi erano sfuggiti:

  1. la profondità lasciata dagli zoccoli nel terreno corrispondeva a un animale più pesante di un daino: grande almeno quanto un uomo, se non di più;
  2. ma soprattutto le impronte degli zoccoli erano perfettamente uguali per forma e dimensione – non c’era cioè alcuna distinzione fra zampe anteriori e zampe posteriori.

La deduzione, per quanto sconvolgente, era inevitabile: non era un quadrupede la creatura da cui Syrinx stava fuggendo, ma un bipede! 
Sì, avete capito bene, un bipede con le zampe ungulate…

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9 Il panico

Se c’è una cosa che mi ha sempre affascinato, nel mio mestiere, è proprio questo momento: quando cioè dall’invisibile si passa al visibile.
Mi spiegherò meglio. All’inizio di ogni indagine, che cosa hai a disposizione, che cosa puoi vedere, concretamente? Impronte digitali, segni di effrazione sul luogo del delitto, frammenti di un vaso andato in pezzi nella lotta: nulla che di per sé possa svelare i fatti né, tantomeno, le persone coinvolte. Poi però, mettendo insieme i pezzi, rimuginando sui moventi e sui sentimenti umani, ecco che inizi a vedere qualcosa: sì, poco alla volta, davanti ai tuoi occhi prendono forma dei corpi e questi corpi compiono delle azioni – anche se le immagini all’inizio appaiono sfocate. Se poi l’indagine avanza, allora i contorni si definiscono ed è possibile rivedere il crimine come se si fosse stati presenti: i vestiti dell’assassino, il suo volto concentrato e stravolto, l’espressione disperata della  vittima, le sue mani che cercano di afferrare un bastone con cui difendersi…

Quel giorno, però, visualizzare il volto e la selvaggia figura dell’inseguitore, non mi diede nessun piacere: anzi, anch’io, come Sirio, fui preso dal panico. Il ‘colpevole’ che stavamo inseguendo e che dovevamo assicurare alla giustizia era il grande dio Pan!

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10 Un dio dall’aspetto poco divino

Pan, il dio dei boschi e delle montagne, il dio protettore dei contadini e della vita nei campi: un dio, certo, ma dall’aspetto disumano e inquietante, per via di quei piedi caprini, per il pelo su gran parte del corpo, per le piccole corna sulla fronte. Era per questo che non viveva nell’Olimpo, insieme a Zeus, Atena, e all’altra divinità protettrice dei boschi, Artemide? E comunque non era meno divino di loro, anche se la sua natura selvaggia lo spingeva a comportamenti eccessivi. Non a caso più volte, da quando ero ispettore, s’era cacciato in un sacco di guai e nel bosco aveva trasgredito spesso la legge.

Ma il mio compito era andare in fondo a quella faccenda, senza guardare in faccia a nessuno: umano o divino che fosse il colpevole.

Continua…

Adatt. da Luca Soverini, La ragazza che divenne pesce, Mursia Scuola

* Immagine di copertina: Michal Jarmoluk/PIXNIO